"E' morta la Tiburtina": pupazzi e manifesti funebri, la protesta di Settecamini
Striscioni attaccati lungo le strettoie
Un pupazzo, un manifesto mortuario e due striscioni. E’ questa la forma di protesta messa in scena nella notte tra martedì e mercoledì alle ormai famose “strettoie” di via Tiburtina all’ingresso del quartiere Settecamini. Autori della simbolica protesta due associazioni del territorio: Settecamini Quartiere di Roma e Mura a Dritte.
Dall’happy hour alla petizione
Il motivo della protesta però viene da lontano. Già durante lo scorso mese di agosto i cittadini di Settecamini hanno cercato di catalizzare l’attenzione sul problema “strettoie” lanciando una provocazione: “Organizziamo un happy hour nelle corsie chiuse”. E’ bene precisare che all’altezza degli studi Mediaset sono stati collocati blocchi di cemento in entrambi i sensi di marcia che restringono la carreggiata da tre corsie ad una. Una condizione che va ad inficiare ancora di più sulla situazione “traffico” già drammatica nelle ore di punta. Così da Settecamini è partita anche l’idea della petizione per chiedere alle istituzioni di riferimento la rimozione dei blocchi di cemento così da rendere più scorrevole il traffico. Fino ad oggi sono state raccolte oltre 2300 firme.
Le motivazioni della protesta
“I cittadini di Settecamini sono stanchi ed esasperati di rimanere intrappolati nel quartiere, di non essere ascoltati e di essere trattati come cittadini di serie b – ha commentato Michela Esposito, vice presidente dell’associazione Settecamini Quartiere di Roma, autore della petizione - chiediamo che sia ripristinata la viabilità su via Tiburtina il prima possibile e che siano rimosse le strettoie”. E infine l’invito: “Chiunque voglia aiutarci nel far rispettare i nostri diritti è il benvenuto!”. A supporto della petizione, che intanto continua, anche l’associazione Mure a Dritta “Difendiamo l’interesse dei cittadini esasperati, non faremo passi indietro e continueremo a perseguire il bene comune schierandoci in difesa di Settecamini contro l’ignavia delle istituzioni latitanti”.
