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San Basilio Settecamini / Via di Salone

Inceneritore Basf, comitati ancora in piazza: "La Provincia autorizza l'aumento dei rifiuti"

Un aumento del 254% di rifiuti da bruciare che ha spinto il comitato dei cittadini di Case Rosse e Settecamini a ricorrere al Tar. Domenica 9 marzo il corteo in piazza Santi Apostoli

Nuove autorizzazioni dalla Provincia all'inceneritore della Basf, l'impianto tra via di Salone e via delle Case Rosse, alle porte di Roma. Secondo quanto denunciato dai cittadini, il DD n.6593 del 20/11/2013 di "modifica non sostanziale" dell'Aia prevederebbe un aumento del 254% di rifiuti da bruciare (da 240 a 850 t l'anno) e nuove tipologie da trattare (catalizzatori esausti liquidi). Da qui l'ennesimo allarme lanciato dai residenti della zona, in lotta da anni contro l'inceneritore, con il comitato dei cittadini di Case Rosse che si è rivolto al Tar e il Comune di Roma che ha chiesto immediati chiarimenti agli organi competenti tra Provincia, ISS, ASL e ARPA. 

"Gli assessorati (al Sostegno Sociale e Sussidiarietà e all'Ambiente, ndr) ​invitano la Provincia a fornire quanto prima un riscontro circa la fondatezza di queste osservazioni (aumento rifiuti consentiti, ndr) e sollecitano la stessa a una revisione dell'Aia e dei suoi aggiornamenti" si legge nella lettera protocollata del 12 febbraio scorso.

Gli stessi assessorati chiedono poi all'amministrazione capitolina "l'emissione di un'ordinanza sindacale di sospensione dell'attività di combustione dei rifiuti tossici e pericolosi a via di Salone". Atto che riceve il plauso unanime dei comitati, dopo che il caso era già approdato in aula Giulio Cesare a luglio, con un'interrogazione presentata da M5S.  "Di fronte a tutto questo il Comune di Roma ha finalmente deciso di vederci chiaro​ e chiedere chiarimenti alle altre istituzioni coinvolte, interrompendo un passato di connivenza o indifferenza". 

Intanto i cittadini vanno avanti con la battaglia. Dopo una serie di assemblee pubbliche sul territorio nel mese di Febbraio​, domenica 9 Marzo alle ore 16 manifesteranno nei pressi del Palazzo della Provincia, in Piazza Santi Apostoli, "luogo simbolico della loro battaglia contro l’incompetenza, l’inezia ed il complice silenzio delle Istituzioni". Tutto questo per chiedere la delocalizzazione dell’inceneritore in un’area più idonea. Richiesta che va avanti da decenni. 

L'IMPIANTO - La Divisione Catalizzatori della Basf nasce nel 1956. La Tiburtina Valley, racchiusa tra i quartieri di Settecamini e Case Rosse, è ancora un deserto. Per oltre 50 anni la sede romana del più grande colosso chimico mondiale brucia agenti chimici 'esausti' per ricavare metalli preziosi ed eliminare scarti. Il risultato è un fumo perenne che si innalza dai camini e che i residenti della zona sono costretti a respirare. Sì perché a pochi metri dalla fabbrica, se prima c'era il nulla, oggi abbiamo un asilo nido e un fitto anello di case abitate che si estende fino a Ponte di Nona. I fumi sono nocivi? Il grado di pericolosità dei materiali smaltiti non è chiaro, ma qualche dato esiste. 

I DATI - I Comitati di Quartiere (Settecamini e Case Rosse) portano sul piatto delle tante denunce un'analisi del Dipartimento di Epidemiologia della ASL RME, datata 16 Settembre 2003. Analisi che evidenzierebbe una mortalità per tutti i tumori, nella popolazione maschile di Case Rosse e Settecamini dal 1987 al 2001, del 30% in più della media di Roma. Tra i dati, il Direttore del dipartimento indica la maggiore preoccupazione per la mortalità per linfomi non Hodgkin superiore del 188%. 

A.I.A.- Eppure la Basf, ex Engelhard statunitense, lavora a pieno ritmo da decenni, aiutata dalle mille proroghe concesse un pò da tutti. Autorizzazioni "provvisorie" dai primi anni '90 (la prima è del 1993) che permettono di smaltire i catalizzatori 'esausti', definiti tossici già nel decennio precedente da due decreti del Presidente della Repubblica. Dal 1993 al 30 dicembre 2011, data dell'ultima Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.) rilasciata dall'allora presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, e valida per 6 anni. Nel mezzo promesse di veltroniana memoria che annunciavano accordi e delocalizzazioni mai avvenute. 

Un triste finale per tutti i comitati cittadini che da anni mantengono alta l'attenzione sul tema diffondendo documenti a riguardo, altrimenti sconosciuti, e pressando su due fronti: spostamento dell'impianto o, in alternativa, sua sostituzione con l'“AquaCritox/AquaCat", una tecnologia di smaltimento che permetterebbe di azzerare le emissioni in atmosfera e le acque reflue di lavaggio dei fumi che vengono attualmente versate nell’Aniene, già sperimentata in altre parti del mondo e ampiamente documentata sul sito dei comitati (https://www.sitotiburtina.altervista.org). 

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